domenica 19 giugno 2016

Scrivere è un mestiere pericoloso

di Alice Basso, edizioni Garzanti


Appena pubblicato da Garzanti, il romanzo di Alice Basso ci ripropone gli stessi personaggi ben riusciti del precedente libro L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome.

La protagonista Vani Sarca è una ghostwriter sottopagata de L'Edizioni L'Erica, vive a Torino da sempre, è un'asociale conclamata, anche piuttosto sociopatica e tiene lontane le persone anche grazie al suo abbigliamento e look dark. Lei stessa ama vedere le reazioni che suscita a chi la incontra, ma dalla sua ha un'arma insuperabile: intelligenza estrema e capacità di entrare nella mente di chi ha di fronte. Grazie a questa dote sa imitare gesti, pensieri e scrittura di chiunque, documentandosi, leggendo articoli o guardando apparizioni televisive, immedesimandosi perfettamente nel personaggio. Nello scorso romanzo (link alla recensione) l'abbiamo incontrata che scriveva contemporaneamente due romanzi e che aiutava il commissario Berganza in un caso di rapimento.
Nel recentissimo Scrivere è un mestiere pericoloso, Vani è sempre alle prese con un nuovo scritto ma stavolta è un genere a lei molto lontano: un libro di cucina! Per giunta da scrivere a quattro mani con una zuccherosa star della tv, fata in rosa da capo a piedi. Il libro prevede anche una parte gossip in cui sarà intervistata una storica cuoca dei Giay Marin, nota famiglia di stilisti torinesi. Attraverso le sue ricette si rivivranno gli anni d'oro del jet set torinese e si potranno avere curiosità e notizie che il giornalismo non ha mai potuto dare.
Così Vani pur essendo tremendamente ostile ai ricchi e alla loro visione del mondo, è costretta ad entrarci, a trattarli e a partecipare persino ad un party di Natale. Inoltre nei racconti della signora Irma riaffiorano ricordi del passato e dettagli anche su un omicidio tra i fratelli della famiglia.
La critica
Come già sperimentato nello scorso romanzo, Alice Basso ha una penna svavillante, perfettamente adeguata ai personaggi che presenta. La sua abilità è proprio quella di presentare i personaggi attraverso il loro dialoghi e i loro atteggiamenti. Li rende visibili e vivi. Vani Sarca è sempre tagliente, rapida e sbrigativa, insofferente alle etichette e alle formalità ma trova sponda nel commissario Berganza che da uomo solo e esclusivamente dedito al lavoro, condivide con lei opinioni ma anche momenti di semplice convivialità. Forse egli è l'unico che a suo modo riesce ad entrare attraverso la spessa corazza protettrice di Vani e a farla sentire libera di essere com'è. Anche questo romanzo ha come protagonista l'elegante Torino avvolta nelle sue nebbie e nell'atmosfera natalizia e abitata da gente che frettolosamente corre nei suoi acquisti. Stavolta si entra anche in una villa prestigiosa e in un momento storico di grande sviluppo economico.
Leggere Alice Basso è sicuramente piacevole e divertente, i personaggi ti trascinano nella storia e nelle fasi della loro vita, sono perfettamente aderenti al ruolo affidato. I dialoghi ne tracciano abilmente età, status, pensieri e interessi. Unica nota stonata per me è stato ritrovare uno schema narrativo già affrontato nel primo romanzo, vivendo questo secondo come sequel ma  privato dello spirito originale del primo.
Il romanzo si legge benissimo anche senza conoscere il precedente ed è di sicuro una lettura arricchente e coinvolgente.

Annalisa Andriani

Si ringrazia Garzanti Libri per la copia e per la disponibilità


giovedì 9 giugno 2016

La guerriera dagli occhi verdi

di Marco Rovelli, Giunti editore

Ogniqualvolta leggo e ascolto di atti terroristici messi a segno da donne, provo sconcerto e sconforto poiché ho sempre ritenuto inconcepibile che una donna possa accettare di dare la morte, qualunque sia la motivazione.
Forse il primo episodio risale al 23 ottobre del 2002, quando donne cecene fecero parte del commando che assalì e prese in ostaggio il teatro Dubrovka di Mosca. Sono seguiti  altri episodi in paesi teatro di guerre tra diverse etnie.
Come può una donna, geneticamente e naturalmente destinata a dare la vita, ad essere per cultura millenaria incline alla pace, alla mansuetudine, alla sottomissione persino,  scegliere la violenza, l'uso delle armi, l'organizzazione di missioni di morte?
La risposta l'ho trovata nel libro di Marco Rovelli, La guerriera dagli occhi verdi, Giunti Editore, la cui protagonista verrebbe definita dalla stampa corrente una terrorista che, insieme ad altri compagni, prepara e porta a termine azioni di sabotaggio contro un governo costituito.

Siamo infatti nella Turchia di Erdogan, quello stato che chiede prepotentemente di entrare a far parte della Comunità Europea ma che non ha ancora risolto i problemi interni ed è ben lungi dal conclamare di avere un regime democratico. Tra i problemi irrisolti c'è la questione curda, di un popolo senza dimora, frammentato tra Kurdistan iracheno, siriano e turco, che chiede con la forza delle armi un riconoscimento politico e la giusta attenzione al mondo occidentale, troppo occupato a tessere rapporti commerciali, a chiudere entrambi gli occhi per tenere alta la finanza.
L'autore però non accenna minimamente alle questioni politiche né si addentra in analisi storiche, la storia del popolo curdo viene fuori attraverso le esperienze di vita di giovani che scelgono di opporsi alla cancellazione della loro identità.
Una giovane donna, Avesta, li rappresenta tutti. Ella ha vissuto le peregrinazioni della sua gente, scacciata dalla propria terra, sottomessa, vessata da un governo che, con la forza, impone un credo, una lingua, una cultura.
Un libro quindi ricco di episodi di guerriglia, di fughe, di rapimenti, torture, a danno di giovani vite che non sognano altro che vivere sulla terra dei propri avi, in uno stato libero e democratico. Un sogno di libertà a tutti costi.
Pur di aggiungere un tassello al traguardo sognato, Avesta sa che, probabilmente, dovrà sacrificare la propria vita, come è accaduto ai fratelli, ai compagni e compagne, a tanti giovani che hanno scelto di immolarsi alla speranza. Avesta però non è solo una guerrigliera, ma una donna che auspica un mondo moderno, che mette in discussione credenze feudali e patriarcali in cui la donna è relegata ad un ruolo marginale, dedita all'obbedienza delle decisioni dei padri, fratelli o mariti, donne a cui sono vietati persino i colori degli abiti, solo il nero le avvolge come una prigione.
Per noi occidentali fa specie sapere che in molte parti del mondo ci sia chi pensa che una donna da sola non sappia decidere, difendersi, lavorare, viaggiare. Avesta comprende che tali credenze dovranno essere ribaltate e si preoccupa di divulgare e testimoniare il cambiamento.
Un libro quindi che apre ad uno scenario poco conosciuto, che pone all'attenzione la questione delle minoranze etniche, senza però indulgere al saggio politico.
Lo stile è asciutto, con divagazioni descrittive di una natura selvaggia e fiera con cui i protagonisti si fondono quasi a diventarne parte integrante.
Una lettura illuminante su una realtà lontana da noi, con cui però dobbiamo fare i conti in un mondo globalizzato.
Marta Pisani

Si ringrazia Giunti per la disponibilità e la copia.