sabato 3 marzo 2012

Stabat Mater, di Tiziano Scarpa
Vincitore del Premio Strega 2009

Ho terminato da poche ore la lettura dell'avvincente libro di Tiziano Scarpa, Stabat Mater, appunto.
Il romanzo narra la storia di un'orfana cresciuta nell'Ospedale della Pietà a Venezia, negli anni in cui arriva come maestro Antonio Vivaldi. La lettura è affascinate, ancor più per chi musicista come me, ha suonato centinaia di volte i concerti di Vivaldi e ne conosce anche la storia. Immedesimarsi in questa giovane Cecilia, (nome a caso? che rimanda alla Santa patrona dei musicisti?) che nella musica riesce a trovare il conforto alla solitudine, alla profonda tristezza interiore, all'abbandono da una madre che non incontrerà mai e a cui le vuole riversare tutti i perchè, mi ha fatto riflettere sulla profondità della musica. La giovane scrive incessantemente lettere alla madre, di notte, in profonda inquietudine, alternando i racconti della giornata a presagi di morte. Crescendo si rende conto di quanto l'Ospedale-orfanotrofio sia una prigione dorata. le fanciulle sono preservate dal conoscere la realtà a loro circostante, impedendo sia di apprendere il male sia di provare emozioni e sensazioni forti. Quando un giorno un'insegnante spiega ad un'allieva esterna, nobile, come suonare con "impeto", la ragazza tramuta il termine in "passione sentimentale". Cecilia ne è sconvolta! Ella non sa cosa sia provare passione per qualcuno. Per lei è nota solo la Passione di Gesù...
Un altro passaggio molto interessante è come l'autore riesca a tradurre in un linguaggio semplice e piacevole le innovazioni stilistiche portate da Vivaldi: dalle Sinfonie in tre movimenti, all'imporre di suonare il violoncello alle ragazze nella posizione attuale, ritenuta molto sconveniente, alla musica descrittiva delle Stagioni e di tutto il Cimento dell'Armonia.
"La musica di don Antonio entra dentro i nostri occhi, impregna le nostre teste, ci fa muovere le braccia."
E per chi ha affermato che Vivaldi ha scritto 250 volte lo stesso concerto, Tiziano Scarpa fa dire al prete rosso:
Sembra uguale. La linea melodica è la stessa, anche il ritmo, ma ho voluto vedere cosa succedeva se invece di affidare questa melodia al violino la facevo fare ad un oboe [...] Non bisogna lasciare che le cose accadano soltanto dentro di noi. Dobbiamo aiutarle a venire al mondo meglio che possiamo, ripensarle, riscriverle, suonarle diversamente.
-Le uniche cose che la musica è in grado di imitare sono le nostre idee. Dobbiamo avere l'umiltà di farci capire. Dobbiamo usare la nostra complicazione per tirarne ingegnosamente fuori la semplicità"