giovedì 9 giugno 2016

La guerriera dagli occhi verdi

di Marco Rovelli, Giunti editore

Ogniqualvolta leggo e ascolto di atti terroristici messi a segno da donne, provo sconcerto e sconforto poiché ho sempre ritenuto inconcepibile che una donna possa accettare di dare la morte, qualunque sia la motivazione.
Forse il primo episodio risale al 23 ottobre del 2002, quando donne cecene fecero parte del commando che assalì e prese in ostaggio il teatro Dubrovka di Mosca. Sono seguiti  altri episodi in paesi teatro di guerre tra diverse etnie.
Come può una donna, geneticamente e naturalmente destinata a dare la vita, ad essere per cultura millenaria incline alla pace, alla mansuetudine, alla sottomissione persino,  scegliere la violenza, l'uso delle armi, l'organizzazione di missioni di morte?
La risposta l'ho trovata nel libro di Marco Rovelli, La guerriera dagli occhi verdi, Giunti Editore, la cui protagonista verrebbe definita dalla stampa corrente una terrorista che, insieme ad altri compagni, prepara e porta a termine azioni di sabotaggio contro un governo costituito.

Siamo infatti nella Turchia di Erdogan, quello stato che chiede prepotentemente di entrare a far parte della Comunità Europea ma che non ha ancora risolto i problemi interni ed è ben lungi dal conclamare di avere un regime democratico. Tra i problemi irrisolti c'è la questione curda, di un popolo senza dimora, frammentato tra Kurdistan iracheno, siriano e turco, che chiede con la forza delle armi un riconoscimento politico e la giusta attenzione al mondo occidentale, troppo occupato a tessere rapporti commerciali, a chiudere entrambi gli occhi per tenere alta la finanza.
L'autore però non accenna minimamente alle questioni politiche né si addentra in analisi storiche, la storia del popolo curdo viene fuori attraverso le esperienze di vita di giovani che scelgono di opporsi alla cancellazione della loro identità.
Una giovane donna, Avesta, li rappresenta tutti. Ella ha vissuto le peregrinazioni della sua gente, scacciata dalla propria terra, sottomessa, vessata da un governo che, con la forza, impone un credo, una lingua, una cultura.
Un libro quindi ricco di episodi di guerriglia, di fughe, di rapimenti, torture, a danno di giovani vite che non sognano altro che vivere sulla terra dei propri avi, in uno stato libero e democratico. Un sogno di libertà a tutti costi.
Pur di aggiungere un tassello al traguardo sognato, Avesta sa che, probabilmente, dovrà sacrificare la propria vita, come è accaduto ai fratelli, ai compagni e compagne, a tanti giovani che hanno scelto di immolarsi alla speranza. Avesta però non è solo una guerrigliera, ma una donna che auspica un mondo moderno, che mette in discussione credenze feudali e patriarcali in cui la donna è relegata ad un ruolo marginale, dedita all'obbedienza delle decisioni dei padri, fratelli o mariti, donne a cui sono vietati persino i colori degli abiti, solo il nero le avvolge come una prigione.
Per noi occidentali fa specie sapere che in molte parti del mondo ci sia chi pensa che una donna da sola non sappia decidere, difendersi, lavorare, viaggiare. Avesta comprende che tali credenze dovranno essere ribaltate e si preoccupa di divulgare e testimoniare il cambiamento.
Un libro quindi che apre ad uno scenario poco conosciuto, che pone all'attenzione la questione delle minoranze etniche, senza però indulgere al saggio politico.
Lo stile è asciutto, con divagazioni descrittive di una natura selvaggia e fiera con cui i protagonisti si fondono quasi a diventarne parte integrante.
Una lettura illuminante su una realtà lontana da noi, con cui però dobbiamo fare i conti in un mondo globalizzato.
Marta Pisani

Si ringrazia Giunti per la disponibilità e la copia.

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